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Chi si avvicini per la prima volta a questo saggio dell'ultima produzione coheniana, mai tradotto in italiano, non potrà fare a meno di osservare che anche il maggior esponente della scuola neokantiana di Marburgo è stato costretto a un faccia a faccia serrato con Spinoza, quale punto centrale e quindi ineludibile della filosofia moderna. Ma subito si vedrà che qui i riflettori sono puntati non sull'autore dell'Etica, ma su quello del Trattato teologico-politico, benché Cohen cerchi costantemente di non sganciare il problema teologico-politico dalle istanze propriamente metafisiche. Il motivo di questo spostamento d'interesse è che ora, dopo aver fatto spesso riferimento al pensiero spinoziano nelle opere teoretiche, Cohen intende mettere in atto una vera e propria resa dei conti con il filosofo olandese. A questi, scomunicato e cacciato dalla comunità ebraica, si riconosce solo un merito, quello di aver fondato la critica biblica; ma poi, funestamente si è lanciato contro il monoteismo ebraico e contro il suo popolo, ha misconosciuto la missione universale del profetismo israelitico. Un giudizio così duro, elaborato sulla base di uno scandaglio rigoroso del Trattato, non poteva non aprire un autentico "caso Spinoza": dall'uscita del saggio nel 1915, attraverso le voci critiche dell'allievo Rosenzweig e di Strauss, la questione teologico-politica è ancora dibattuta e con essa il senso del termine "liberalismo" in autori come Spinoza e Cohen.